Ondate di calore urbane e giustizia climatica: cosa succede a Padova?

di vez Ecosistemi In evidenza Padova
13 minuti di lettura
Carta del rischio climatico per persone con età superiore ai 65 anni (Indice HERI)

L’estate italiana del 2022 passerà alla storia per gli eventi estremi che l’hanno caratterizzata: siccità, incendi, esondazioni, fusione accelerata dei ghiacciai alpini. Sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici, già misurabili nell’aumento medio delle temperature globali e locali, di quelle degli oceani, nella riduzione della diversità biologica e nello zero termico che ormai si attesta oltre i 5000 metri di quota. Ne parliamo con Carlo Zanetti, Salvatore Pappalardo e Massimo De Marchi, ricercatori del Centro di Eccellenza Jean Monnet sulla giustizia climatica (Dipartimento ICEA, Università di Padova).

Le nostre società sentono sempre di più gli effetti dei cambiamenti climatici: esistono soluzioni che ci permettano di uscire dalla crisi climatica in tempi brevi?

Il cambiamento climatico è un fenomeno globale causato dall’ingente quantità di gas climalteranti che gli esseri umani hanno immesso in atmosfera da oltre due secoli. Il rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (EIA) evidenzia come nel 2021, a livello globale, siano state emesse in atmosfera oltre 36 miliardi di tonnellate di CO2, una quantità mai registrata prima. Nonostante quasi trent’anni di climate diplomacy con negoziati sul clima delle Nazioni Unite (le famose COP) e i diversi accordi multilaterali, le concentrazioni di gas climalteranti in atmosfera continuano ad aumentare di anno in anno. Storicamente, l’unica piccola battuta d’arresto nella quantità di gas climalteranti emessa è avvenuta nel 2020 a causa della pandemia, non certo per effetto di politiche strutturali di riduzione delle emissioni. La guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica hanno già portato molte economie a rinunciare al gas russo e a ricorrere al carbone (molto più impattante) per la produzione di energia elettrica.

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Il sistema climatico è estremamente complesso e necessita di decenni per assestarsi; gli effetti delle politiche di mitigazione per il clima non saranno visibili immediatamente, ma nell’arco di decenni. Quindi non crediamo ci sia una soluzione immediata per rallentare drasticamente il riscaldamento globale, ma si devono intraprendere percorsi concreti per un’uscita immediata dalla dipendenza dai combustibili fossili (phase-out) per una completa transizione alle energie rinnovabili, il prima possibile. Solo un processo di transizione energetica che vada alla radice della questione climatica può garantire alle generazioni future un mondo più sostenibile e più giusto per tutti. Al tempo stesso dobbiamo entrare nell’ottica che il surriscaldamento globale e gli impatti sul territorio sono già in corso, e bisogna mettere in campo meccanismi e processi di adattamento ad un clima più caldo e “più estremo”. Su questo fronte è necessario dotarsi ed implementare quegli elementi e strutture proprie degli ecosistemi che possono apportare numerosi co-benefici sia per quanto riguarda la mitigazione che l’adattamento al cambiamento climatico. Si discute molto oggi nella pianificazione urbana di green infrastructures (infrastrutture verdi) e Nature Based Solutions per lo sviluppo di città climate-resilient.

Un esempio su tutti sono le aree vegetate urbane – specialmente formazioni arboree e arbustive – che offrono numerosi servizi ecosistemici come il sequestro di CO2 dall’atmosfera, l’abbassamento della temperatura, la riduzione del particolato atmosferico e l’aumento di biodiversità.

Le politiche ed i piani di adattamento dovrebbero tuttavia tenere conto delle diverse vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici, principalmente legate a fattori sociali, culturali, economici e di genere. Si parla in questo caso di giustizia climatica, ossia della dimensione non equa sia degli impatti sul territorio del surriscaldamento globale sia quella delle strategie di adattamento. 

Non adattarsi al cambiamento climatico comporta perdite sia in termini di vite umane che economiche: l’abbiamo visto l’estate scorsa, con la tragedia della Marmolada, con la siccità che ha colpito il nostro paese, con le ondate di calore intense e con le alluvioni, come la recente devastazione in Emilia-Romagna. Questi fenomeni, che impattano direttamente su salute umana, attività produttive, agricoltura e biodiversità, saranno sempre più intensi causando danni sempre maggiori se non si interviene in anticipo con un piano olistico e strutturato.

Cosa sono le ondate di calore e che impatti hanno?

Le ondate di calore non sono altro che il “volto quotidiano” della crisi climatica in corso. Da oltre un decennio la letteratura scientifica e i rapporti dell’IPCC documentano, a livello globale, l’aumento in magnitudo, frequenza e durata delle ondate di calore, ovvero “periodi prolungati di caldo estremo”.

Nella città di Padova, già a partire da maggio del 2022, abbiamo sperimentato, letteralmente sulla nostra pelle, numerose ondate di calore. La più violenta si è registrata i primi di agosto, con tre giorni consecutivi nei quali la temperatura massima si è attestata oltre i 35°C. In verità le ondate di calore nel 2022 sono state di “portata continentale”, interessando tutta Europa, dove si sono registrati record assoluti di temperatura in Francia, Germania, Spagna e Inghilterra. Non a caso uno studio pubblicato a luglio sulla celebre rivista Nature definisce l’Europa un hotspot “speciale” per le ondate di calore, con un aumento di frequenza del fenomeno, negli ultimi 42 anni, sino a 3-4 volte maggiore rispetto ad altre aree geografiche.

Un altro fenomeno preoccupante è la crescita del numero delle cosiddette “notti tropicali”, cioè i giorni nei quali la temperatura minima non scende sotto i 20°C e che provocano una condizione di stress termico corporeo sulla popolazione. L’ondata di calore che ha investito il continente europeo nel 2003 ha causato un eccesso di mortalità stimato in 70.000 individui. In numerose città del Nord America sono stati rilevati, durante le ondate di calore, aumenti significativi nel numero negli accessi al pronto soccorso degli ospedali, principalmente di soggetti vulnerabili. Infatti gli impatti delle ondate di calore non sono equamente distribuite sul territorio e nella società, ma ricadono principalmente su soggetti vulnerabili come gli anziani, ma anche altri soggetti deboli come famiglie a basso reddito, i “senza casa” o i “sans-papier”.

Come Centro di Eccellenza Jean Monnet sulla giustizia climatica (Dipartimento ICEA, Università di Padova) ci stiamo occupando di indagare come gli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche l’attuazione di strategie di adattamento, possano amplificare notevolmente le ineguaglianze e le contraddizioni sociali che la nostra società già conosce. Politiche e piani di adattamento climatico dovrebbero, in primis, non esacerbare le contraddizioni insolute “di fondo” ma tenerne conto per ridisegnare una resilienza inclusiva ed equa: stiamo assistendo in molti casi ad una green and climate gentrification.

Isole di calore urbano nell’area urbana di Padova e comuni limitrofi. Temperatura superficiale del terreno in °C

A livello locale quali strategie è necessario attuare per affrontare le ondate di calore?

Secondo il Segretario Generale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), gli “estremi climatici” sono oggi la nuova normalità. E le ondate di calore di quest’anno nei nostri territori, accompagnate da una tremenda e prolungata siccità, dovrebbero essere un campanello di allarme per intervenire con misure di mitigazione e strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. Non saranno i condizionatori a salvarci dalle ondate di calore, anzi: per raffreddare gli ambienti interni devono riscaldare l’esterno, creando quindi un meccanismo di “retroazione positiva” ed aumentando la temperatura urbana. Inoltre i condizionatori sono energivori e consumano molta elettricità, che in Italia è prodotta per oltre il 50% da combustibili fossili. 

In un territorio urbano fortemente colpito dal consumo di suolo, come il Comune di Padova e i Comuni limitrofi, l’impermeabilizzazione delle superfici con cemento e asfalto amplifica notevolmente l’effetto delle isole di calore, ovvero aree urbane in cui la temperatura è significativamente più elevata rispetto alle aree rurali. Ricordiamo che Padova, secondo il Rapporto ISPRA, è al quinto posto a livello nazionale come città “più consumata”, con circa il 50% del territorio completamente impermeabile.

Il primo passo per attuare strategie di adattamento è sicuramente la comprensione del fenomeno delle isole di calore. In un nostro recente articolo pubblicato sulla rivista International Journal of Geo-Information abbiamo sviluppato una metodologia per l’individuazione delle isole di calore urbane a partire dalle immagini termiche del satellite Landsat 8 nel territorio padovano. Abbiamo riscontrato come le isole di calore siano correlate positivamente con le aree più densamente urbanizzate, dove la presenza di verde è minima. Tra le aree più calde, sicuramente la zona industriale di Padova (ZIP) è quella maggiormente estesa e con temperature più elevate, in quanto si configura come un’area densamente cementificata e con quasi totale assenza di verde. Altre zone maggiormente a rischio sono l’area Stazione-Fiera-Stanga, il centro storico e il quartiere Arcella. Crediamo sia importante guardare alla città come ad un ecosistema urbano complesso e sensibile, dove le poche aree verdi vadano fortemente implementate e distribuite sul territorio, per diventare ecosistemi funzionali e resilienti al cambiamento climatico, in sinergia con il sistema di acque superficiali della città.

Percentuale di aree verdi espresse su km2

Si parla sempre più spesso di giustizia climatica, cosa significa a livello urbano?

La giustizia climatica è un concetto molto ampio, che si può definire come l’ineguaglianza che sussiste tra diversi gruppi sociali e tra le diverse generazioni a causa del cambiamento climatico. In ambito urbano possiamo osservare come differenti gruppi sociali siano maggiormente colpiti dagli eventi estremi, come le ondate di calore. Le persone più vulnerabili, come i meno abbienti, anziani, donne, bambini e stranieri sono coloro che subiscono gli effetti più duri delle ondate di calore, in quanto generalmente hanno meno mezzi per intraprendere azioni di adattamento e/o sono fisicamente più vulnerabili.

Nello studio recentemente pubblicato abbiamo indagato la distribuzione spaziale del rischio derivante dalle ondate di calore del 2021 per gli anziani, che sono in assoluto i più vulnerabili al caldo estremo. In particolare abbiamo calcolato un indice di rischio climatico per gli anziani oltre i 65 anni (Heat-related Elderly Risk Index, HERI) nell’Area Urbana Funzionale di Padova, che comprende i Comuni limitrofi nei quali si registrano elevati flussi di pendolarismo. L’indicatore è composto dai tre fattori che compongono il rischio: vulnerabilità (percentuale di anziani), esposizione (densità di popolazione) e pericolosità delle isole di calore (anomalia di temperatura).

Il quadro che emerge è un aumento del rischio man mano che ci si sposta dai Comuni limitrofi verso il Comune di Padova, che è il più densamente popolato e urbanizzato. Un primo passo per ottenere maggiore giustizia climatica in città è agire per mitigare il fenomeno delle isole di calore urbane nelle zone dove i soggetti sono più a rischio, implementando Nature-Based Solutions per ridurre la temperatura nelle zone più esposte. Implementare tali politiche seguendo una precisa metodologia data-driven permette di prioritizzare gli interventi a partire dalle aree maggiormente a rischio, assicurando efficacia ed efficienza della spesa pubblica e riducendo di conseguenza le disparità sociali sotto il profilo del rischio climatico; in altre parole: aumentare il livello di giustizia climatica a in ambito urbano.

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